Potrebbe alterare il funzionamento dei neuroni
Metalli sorvegliati speciali. Contro l’Alzheimer e l’invecchiamento del cervello bisogna arruolare ogni mezzo: tenere la mente costantemente al lavoro, evitare fumo, alcol, sale e troppi grassi nell’alimentazione, aiutarsi con gli antiossidanti naturali di frutta, caffè, cannella, cacao e olio extravergine d’oliva. Eppure anche i geni giocano un ruolo nelle predisposizione alla malattia provocata da proteine tossiche che si accumulano nel cervello e soffocano i neuroni, causando i difetti di memoria e spaziali tipici della malattia. Anche i metalli sono sempre più sul banco degli imputati per i loro effetti pro-infiammatori sul cervello.
Lo conferma uno studio del’Università di Los Angeles (UCLA), è stato pubblicato sul Journal of Alzheimer Disease. I ricercatori americani guidati da George Bartzokis hanno appurato, infatti, grazie alla risonanza magnetica che il ferro tende ad accumularsi nell’ippocampo, in presenza della malattia, e non in altre aree del cervello. E proprio l’ippocampo è la regione collegata alla memoria e all’apprendimento. Il team ha anche scoperto che i livelli di ferro registrati sono collegati ai segni della gravità della malattia, traendo la conclusione che proprio il metallo, introdotto con l’alimentazione, potrebbe interferire con preziose vie di comunicazione biochimica tra i neuroni accelerando il progresso della malattia.
Un recente studio dell’Università di Rochester aveva segnalato lo stesso pericolo, ma collegato al rame. Nei topi alimentati con acqua con una concentrazione non elevatissima del metallo si manifestavano delle alterazioni nelle gestione delle scorie di beta-amiloide nel cervello, ma anche una sorta di “tappo” creato dal metallo nella barriera emato-encefalica che permette l’ingresso dei nutrienti nel cervello, l’uscita delle scorie e la difesa dai virus.
di Cosimo Colasanto
Pubblicato il 27/08/2013
da Il Sole 24ore